Persone che amiamo (puntata 1): Tokujin Yoshioka

Posted On: 2014-11-24

Tokujin Yoshioka è, senza dubbio, uno dei nostri designer preferiti. Iniziamo con il dire che chiamarlo solamente designer è troppo poco. Vergognosamente troppo poco. Tokujin è un artista, qualcuno ben al di là del ridondante ciclo di fiera campionaria/pubbliche relazioni/flagship store che sembra essere la base della moderna industria del design. Alcuni dei suoi migliori lavori non sono in vendita, ma hanno influenzato migliaia di designer in tutto il mondo. Lui è unico ma anche giapponese al 100%, complesso e caotico ma anche minimalista e discreto. Ha iniziato ad ottenere attenzione in tutto il mondo lavorando fianco a fianco per 20 anni con il guru della moda Issey Miyake, un uomo con un incredibile portfolio che tutti conoscono solo per il dolcevita di Steve Jobs (questo fa molto male, ragazzi!), progettando negozi che erano prima di tutto esperienze emozionali. Prima che chiunque iniziasse a farlo.

Ma dopo questo viene il meglio. C’è talmente tanto da dire che non voglio perdere tempo raccontando la storia di questo elemento rivoluzionario, quindi scriverò solo una piccola selezione dei nostri progetti preferiti di Tokujin. La stupefacente Pane Chair per esempio, fatta di fibre di poliestere cotte al forno. Le linee sono semplici, ma il materiale è così complesso che ogni pezzo è differente. Non si può controllare il risultato, quindi la casualità ha un posto molto importante nella sua poesia. In linea con questo esperimento potete trovare anche la poltrona Memory per Moroso, progettata per cambiare la sua forma mediante l’utilizzo nella vita quotidiana. E tutto il progetto Venus Chair, fatto di poliestere cristallizzato in una polvere minerale. Un processo che ci porta i pezzi d’arte delle serie Moonlight/Destiny/Unfinished, fatti di cristallo modellato dalla musica, o la sedia Spider’s Thread.

Nessuno può restare impassibile davanti alle sue installazioni: le fibre trasparenti di Clouds, le complesse strutture a bastone di Snowflakes, le piume volanti di Snow e il fumo di Twilight. Un altro punto saliente del suo lavoro, dopo l’amore per il caos e il naturale sviluppo delle superfici, è la luce. La luce vista attraverso sostanze trasparenti o rifranta da un prisma. Tutti conoscono gli Invisibles per Kartell o il tavolo Luminous (e il Mirrored) per Glas Italia o la panchina Water Block al Musée d’Orsay a Parigi. Lavori emblematici, giusto per citarne alcuni. Cambiano il nostro modo di vedere il design ma sono quasi astratti. Ancora una volta il suo meglio arriva dal mondo dell’arte: il tavolo di pietra Agravic, qualcosa che ti aspetti arrivare da una visione di Stanley Kubric, e la Church of Light, così immortale, così eterea.

Ironicamente la mia opera preferita non è fisica, o complessa, o qualcosa in cui potete passeggiare. È un’operazione di re-brand. Il logo studiato daTokujin per il Metropolitan Art Museum di Tokio nel 2012 è quello che si definisce un classico immediato. Un semplice, grezzo, nudo parallelepipedo rosso. Perfetto per definire un edificio, una condizione mentale e un’identità. Con il minor numero possibile di linee.

 

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